“In India la civilizzazione nacque nel cuore delle foreste e ricevette da questa origine e da questo ambiente un carattere particolare. Circondati dalla natura viva, cibati e vestiti da lei, noi abbiamo conservato con i suoi diversi aspetti un commercio stretto e costante.
Potremmo pensare che tale vita dura dovesse avere come effetto quello di smorzare l’intelligenza umana, di abbassare il livello di esistenza e di fiaccare così tutto quello che ci spinge verso il progresso. Nell’India antica eppure, constatiamo che le condizioni di vita nella foresta non trionfarono sull’intelligenza umana e neppure diminuirono l’energia dell’uomo, ma gli diedero un’orientazione speciale. Continuamente in contatto con la vita e con la crescita della natura, l’uomo non provava nessun desiderio di espandere il suo dominio, ne di costruire dei muri attorno a ciò che aveva acquisito. Il suo obiettivo non era di ammassare, ma di “realizzare”, di ampliare la sua conoscenza, crescendo nel suo stesso ambiente e penetrandolo sempre più profondamente. L’essere umano sentiva che la verità deve abbracciare tutto, che nella vita l’isolamento assoluto è impossibile, e che il solo modo di arrivare alla verità è di divenire uno (amalgamarsi) con tutto ciò che esiste. Realizzare questa vasta armonia tra lo spirito dell’uomo e lo spirito dell’universo era nell’India antica l’obiettivo dei saggi che abitavano le foreste.”
Rabindranāth Tagore, Sādhanā, Edizioni Albin Michel – Spiritualités vivantes
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